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Ancora cinque minuti di Zack Beauchamp

Le ossa scricchiolano nella stretta dell’abbraccio di Gemma. Come si è fatta forte!

Le accarezzo i capelli. «Sai? Eri uno scricciolino, da bambina. Quando sei nata pesavi meno di due chili, per i primi cinque anni era sempre un entrare e uscire dall’ospedale. E guardati adesso!»

Le spalle di lei sussultano, nasconde il viso contro al mio collo.

Mi ritraggo un poco: sono sporco di terra e fango, in questa notte da lupi, e non vorrei imbrattarla più di quanto abbia già fatto.

Mi vengono i brividi nel sentire le sue lacrime calde contro la pelle.

Tira su col naso. «Lo so, papà. Mi hai raccontato questa storia mille volte.»

Annuisco e le bacio la tempia, qualche capello rimane attaccato alle labbra screpolate. Profuma di fiori buoni, non quelli rancidi a cui sono abituato.

Poso le mani sulle sue spalle e spingo con delicatezza. «Devo andare, sai?»

Fa di no con la testa e mi stringe ancora più forte.

Il botto di un petardo squarcia la notte, un coro di risate sguaiate ne disperde l’eco.

Sospiro e confeziono un sorriso patetico. «Bambina mia, non fare così. Si stanno divertendo là fuori, senti? Fammi andare con loro.»

Si stacca da me, mi osserva con occhi umidi e supplichevoli. «Papà, ti prego. Ancora cinque

minuti.»

Una tenerezza che non provavo da anni mi scalda il cuore.

Ancora cinque minuti.

Quante volte ho sentito queste parole, da quelle stesse labbra, quando doveva andare a scuola? È passata una vita, e vorrei dirle io, adesso.

Non ho alcuna voglia di tornare al buio.

Le sfioro una guancia, la punta delle dita bluastre le dona una carezza più fredda di quella che vorrei saperle offrire.

«Va bene, tesoro. Solo altri cinque minuti.»

Un Ognissanti di luna nuova, in fondo, non capita tutte le notti.

Fine.


© Zack Beauchamp.

Il racconto è in votazione per la sfida letteraria "Gli spiumati stanno arrivando".

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